Direttiva europea “Case Green”: cosa cambia per i piccoli proprietari?

Entro il 2030 il consumo energetico degli edifici residenziali dovrà scendere del 16%, per poi calare del 20-22% entro il 2035 e azzerarsi o quasi nel 2050. Sarebbe una buona notizia, ma a molti questo calendario suona come una condanna. Parliamo della direttiva “Case green”, approvata in via definitiva ad aprile dal Consiglio dei ministri europei dell’Economia e delle Finanze, che detta nuove regole in fatto di sostenibilità e mattone. E che, vista dalla prospettiva dei piccoli proprietari immobiliari, ha tutto l’aspetto di una tegola che sta per cadere sulla testa. Il dibattito è ancora aperto, ma il 2030 è dopodomani. Abbiamo quindi cercato di capire cosa davvero sta per succedere, e se è già possibile prendere ora delle decisioni.

A cura di Giorgia Nardelli


Cosa dice la direttiva europea sulle case green

Le novità più immediate riguardano in realtà i nuovi edifici, che quasi da subito dovranno essere conformi alle nuove regole: «Dal prossimo gennaio andrà calcolato il potenziale di emissioni per tutti i nuovi stabili, ed entro il 2030, sempre i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni, in base ai parametri della direttiva», spiega Fabio Pucci, presidente dell’Unione Piccoli proprietari immobiliari. Più complicata la questione per quelli già esistenti, perché su questo punto l’Europa fornisce solo un’indicazione generale: «In sostanza, da qui al 2030 il consumo medio degli edifici residenziali di ogni Paese, Italia inclusa, dovrà essere ridotto almeno del 16%».

Come si traduca in concreto questo vincolo, è ancora poco chiaro. Sempre secondo la direttiva, il 55% del risparmio energetico dovrà essere ottenuto da almeno il 43% delle case che hanno le prestazioni energetiche peggiori. Sono i proprietari di questi immobili, dunque, a dover affrontare gli interventi più significativi e costosi. In Italia, secondo le stime della Fillea Cgil, si tratta di intervenire su circa 5 milioni di edifici privati che hanno le prestazioni più scadenti, ognuno dei quali con una o più unità immobiliari

Quali case dovranno essere ristrutturate?

La domanda allora è: come sarà selezionato questo 43%? Bisognerà richiedere una certificazione energetica, per stabilire chi avrà necessità e chi no? Ci sarà una ripartizione geografica? E soprattutto, cosa succede a chi non si adegua? Incorrerà in sanzioni, oppure non potrà più vendere né dare in affitto i propri appartamenti? In realtà il quadro è ancora fumoso, e lo resterà per diversi mesi. «Nel 2026 l’Italia dovrà presentare a Bruxelles un proprio piano di rinnovamento degli edifici residenziali, ed è in quel documento che saranno stabilite le modalità con cui il Paese intende raggiungere l’obiettivo prefissato», aggiunge Pucci. Ciascuno Stato membro sarà autonomo, e potrà proporre incentivi per finanziare la svolta green. Sulla carta gli interventi dovrebbero essere infatti parzialmente coperti dai governi, con fondi propri e comunitari, ma anche questo aspetto è tutt’ora da decidere. Per l’Italia, poi, che sta ancora facendo i conti con la voragine lasciata dal Superecobonus, la questione si presenta particolarmente problematica.

Quanto costa rendere la propria casa green

Secondo alcune stime riportate dal Sole 24Ore, il costo delle singole ristrutturazioni potrebbe andare dai 20 ai 55.000 euro circa per proprietario. Ma c’è anche chi è entrato nel dettaglio: nel rapporto “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano” del Centro di ricerche di mercato Cresme sono stati calcolati i costi medi degli interventi che permetterebbero di portare un appartamento di un grande condominio dalle ultime classi alla classe D. Ecco qualche esempio: una pompa di calore ad aria da 12 kW con split e installazione va da 3.000 a 9.200 euro più Iva, la sostituzione di serramenti e infissi in legno, con tapparelle va da 13.500 a 21.510, un cappotto termico alle pareti per circa 80 metri quadrati, con isolamento e spallette e davanzali e tinteggiatura doppia costa dai 21.033 ai 26.703 euro.

Quanto si risparmia con una casa green?

Certo avviare i lavori comporterebbe già nell’immediato alcuni benefici a livello economico, oltre che ambientale. Nel rapporto del Cresme sopracitato, si legge che far salire di sole 2 classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale consentirebbe una riduzione media della bolletta di una famiglia del 40%, pari a un risparmio medio annuo di 1.067 euro. Da mettere sul piatto c’è anche l’aumento di valore degli immobili. Uno studio della Banca d’Italia sottolinea che il prezzo richiesto per la vendita di appartenenti che sono nelle migliori quattro classi energetiche (A1, A2, A3, A4) è in media più alto del 25% rispetto a quello delle abitazioni che sono nell’ultima categoria (G). Anche le stime di Immobiliare.it vanno nella stessa direzione: negli ultimi due anni e mezzo, secondo la piattaforma, gli immobili in fascia alta hanno registrato un rialzo dei prezzi del 13%, quelli in seconda del 10%, mentre per le ultime due categorie i valori sono rimasti fermi.

Conviene partire ora o aspettare gli incentivi?

Che fare, allora? Molti si chiedono se convenga portarsi avanti con gli interventi approfittando degli incentivi ancora in vigore, e cioè l’ecobonus “semplice” al 65%. «Al momento non ci sono divieti di vendita o locazione per quegli immobili che non abbiano conseguito la energy performance nei termini convenzionali, ma non sono previsti nemmeno nuovi incentivi», chiarisce Pucci. «Difficile dare un consiglio fino a quando non ci sarà il primo piano sul rinnovamento degli edifici da parte italiana». L’appuntamento è quindi al 2026, con un’incognita. Alcune delle misure potrebbero essere infatti modificate nel 2028. Come scrive il Sole24ore, in questa data i contenuti del testo saranno sottoposti a revisione da parte della Commissione, per capire a che punto si è arrivati e se l’obiettivo prefissato è credibile.

 


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