Come arrivare preparati all’incontro con il consulente finanziario

Disagio e imbarazzo, la sensazione di non capire bene di cosa si parla, il timore di chiedere troppe spiegazioni, a cui spesso si aggiunge una certa ritrosia a parlare della propria situazione economica. È quello che molti di noi provano quando si siedono davanti a un consulente finanziario. Ma questo atteggiamento potrebbe rivelarsi controproducente, perché quando parliamo dei nostri risparmi dovremmo affidarci a un professionista con lo stesso atteggiamento con cui ci affidiamo a un medico. «Invece non succede spesso, e la ragione è che non abbiamo abbastanza confidenza con l’argomento soldi», dice la direttrice della Fondazione per l’educazione finanziaria Giovanna Boggio Robutti. «Più di una ricerca conferma che per molti di noi la relazione con il denaro genera ansia. Il senso di soggezione che tanti provano al cospetto di un consulente è figlio dalla soggezione che proviamo nei confronti della finanza personale». Anche se la conoscenza e l’interesse verso queste materie sta crescendo, c’è molto da migliorare. Secondo una recente ricerca Ipsos, la finanza e l’economia sono solo al sesto posto tra le discipline considerate “prioritarie” per gli italiani. «I soldi hanno però un ruolo essenziale nella nostra vita», sottolinea Boggio Robutti. Ecco perché, soprattutto nel momento in cui decidiamo di investire, dovremmo avere gli strumenti per affrontare l’incontro con l’approccio giusto. Ecco allora una piccola guida.

A cura di Giorgia Nardelli


Primo: cura i soldi come fai con la salute

Qual è il giusto atteggiamento? «Cominciamo col guardare al denaro con un occhio diverso, a considerarlo come un elemento di benessere della nostra vita, come facciamo per la salute. Quando entriamo in uno studio medico, siamo consapevoli di essere lì per una questione essenziale. Arriviamo preparati su ciò che diremo, facciamo domande, non usciamo senza aver capito. E non abbiamo vergogna a esporci, a parlare di noi. Dovrebbe essere così anche per le questioni finanziarie. Va interiorizzato il concetto che il denaro ci è necessario per vivere, e dovremmo prendercene cura come facciamo per il nostro organismo, anche con un occhio al futuro», dice la direttrice della Fondazione. Entrare nell’ottica che occuparsi dei propri soldi significa fare qualcosa di molto importante per il proprio futuro e per la propria famiglia, dà motivazione e determinazione a capire. Per cominciare, continua la direttrice della Fondazione, è bene che non arriviamo digiuni all’appuntamento. «Bisogna avere chiari almeno pochi concetti base, sapere la differenza tra obbligazione e azione, cos’è un tasso d’interesse e il profilo di rischio». 

Secondo: chiediti di cosa hai bisogno

Ma come si supera la sensazione di non sapere da dove cominciare? Banalmente, la risposta è “arrivando pronti”. Che non significa frequentare un corso di finanza, ma capire di cosa si ha bisogno. «Suggerirei di fare una sorta di “check up” della propria situazione. Di porci, cioè, una serie di domande su di noi, per scattare una sorta di fotografia di come stiamo e di cosa abbiamo bisogno: cosa desideriamo fare dei nostri risparmi, proteggerli o vederli crescere? O, proiettandoci verso il futuro, ci servono risorse aggiuntive per quando saremo anziani, o per fare studiare i nostri figli tra qualche anno? Abbiamo intenzione di comprare casa?», consiglia Boggio Robutti. Potrebbe essere utile anche semplicemente scrivere una lista di domande, che ci aiuta a disegnare un quadro generale della nostra situazione. «Fondamentali, per iniziare, sono i nostri obiettivi finanziari e il nostro orizzonte temporale, dobbiamo capire cosa ci serve. E per quanto tempo possiamo permetterci di “impegnare” i nostri risparmi. Se abbiamo le idee chiare, per il consulente sarà più facile aiutarci». 

Terzo: preparati a svelare molti dettagli

Non va dimenticato, poi, che dobbiamo essere disposti a fornire informazioni su di noi e sulla nostra situazione economico finanziaria. «C’è spesso una certa resistenza a rivelare a quanto ammontano i nostri risparmi, se i nostri guadagni sono regolari, se abbiamo altre entrate. Anche le domande che ci rivolgono vengono a volte percepite come un’intrusione nella nostra vita privata, ma è un errore», dice l’esperta. «Ricordiamo che prima di poter accedere agli investimenti dobbiamo compilare il questionario Mifid, un documento che serve per inquadrare il nostro profilo di rischio, e ci pone, tra gli altri, diversi quesiti di questo tipo, ai quali dobbiamo rispondere con la massima sincerità. Se il consulente non conosce con precisione lo stato di partenza, non ha gli elementi per proporci prodotti finanziari adatti a noi e al nostro profilo di rischio, e questo non va bene». Come dire, diverso è sapere se abbiamo solo 15.000 euro di risparmi o se possediamo altri beni, se abbiamo un lavoro stabile o se siamo liberi professionisti, se abbiamo rendite oppure no. Dare la possibilità a chi ci consiglia, di conoscere il nostro profilo di investitore e il quadro economico di partenza non è secondario. Ogni volta che investiamo il nostro denaro, stiamo esponendo il nostro capitale a un rischio, anche se con gradi diversi. E dobbiamo essere sicuri, nella peggiore delle ipotesi, di poterci permettere di perdere quel denaro. 

Quarto: se non capisci, chiedi di nuovo

Una volta fatta la “diagnosi”, il consulente ci proporrà dei prodotti o degli strumenti per investire i nostri capitali. Per stare tranquilli, dobbiamo sapere che quando usciremo da lì, dobbiamo aver ben chiare almeno tre cose: il livello di rischio, i costi e il rendimento atteso di ciò che abbiamo acquistato. Se il quadro non è chiaro, bisogna fare domande.  «La regola d’oro è “Non firmare se non capisci”, e chiedere, chiedere, chiedere, senza temere di far ripetere le cose a chi è di fronte a noi. Poi, se necessario, rifletterci su», consiglia l’esperta. «Abbiamo il diritto di valutare le proposte con il tempo che serve. Se non ci convince, o abbiamo dei dubbi, dobbiamo poter approfondire e valutare, parlarne in famiglia. Per capire come comportarci, proviamo a ripensare a ciò che facciamo quando siamo dal medico, oppure in concessionaria quando acquistiamo un’automobile, o nel negozio di telefonia quando compriamo uno smartphone. I nostri risparmi non sono meno importanti di un telefonino».

Come riconosci il consulente attento

Come per la salute, anche la serietà e l’affidabilità del professionista a cui ci rivolgiamo conta. Per riconoscerlo, c’è qualche trucco. «Intanto mi rivolgerei a qualcuno dopo avere fatto almeno delle ricerche o essermi informato su di lui. Una volta lì, porrei l’attenzione sulle sue domande: se mi chiede tante cose sulla mia situazione, sul futuro, sui figli, sul mio livello di reddito e sulla mia propensione a rischiare, probabilmente ho davanti una persona che sta ragionando per fornirmi un servizio tarato sulle mie vere necessità. Non solo. Il buon consulente è anche colui che ti aiuta a definire gli obiettivi se non hai le idee chiare, che ti sa consigliare in base alla tua situazione», consiglia Boggio Robutti.

In sistesi, per capire chi abbiamo di fronte, possiamo basarci su questi tre elementi:

  • Il questionario Mifid: Un consulente affidabile lo compila con il cliente, spiegando le domande e lasciando a lui le risposte. Non dice “li compilo io non ti preoccupare”.

  • La diversificazione: un buon professionista propone strumenti diversificati per bilanciare il rischio tarandolo sul nostro profilo. Non fa puntare tutto su un solo prodotto.

  • La fretta: diffida di chi ti dice “Firma adesso, o è ora o mai più”, chi fa i tuoi interessi deve darti il tempo di riflettere.

Lascia a casa la suggestione

Le donne sono tra le fasce di popolazione che hanno più difficoltà nella relazione con i consulenti. «Le diverse ricerche condotte da Consob e da altri soggetti del mondo finanziario ci dicono che poche donne si recano dai consulenti finanziari, perché di fronte a materie come gli investimenti provano un senso di inadeguatezza che le condiziona. Eppure, dalle stesse indagini Consob emerge non solo che le donne hanno capacità e conoscenze pari a quelle degli uomini, ma hanno una minore propensione al rischio, che le espone meno, e una relazione con il denaro maggiormente legata alla progettualità rispetto agli uomini, e meno allo status e al potere», dice Giovanna Boggio Robutti. «È un peccato che questa soggezione condizioni la componente femminile della popolazione, perché le donne dialogherebbero con i consulenti molto meglio di quanto non facciano gli uomini».

 


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