Conviene davvero comprare Btp oggi?

Tutti ne parlano e tutti li vogliono. Ora che i rendimenti sono tornati a salire, i Btp si presentano come l'investimento del momento, ideale per i piccoli risparmiatori, che li considerano un modo per mettere “sotto chiave” il proprio tesoretto assicurandosi una piccola rendita senza troppi pensieri. Ma davvero i titoli poliennali convengono sempre e comunque? Quali i vantaggi reali, e cosa è bene sapere prima di investire? Lo abbiamo chiesto a un’esperta.

A cura di Giorgia Nardelli


Cosa sono i Btp

I Btp (sigla che sta per Buoni poliennali del tesoro) sono obbligazioni emesse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano per finanziare le attività dello Stato, garantiscono a chi li acquista una cedola semestrale a tasso fisso per un tempo predeterminato. «Hanno durata diversa, il più comune è il decennale, ma ci sono Btp anche a 3, a 5 o a 30 anni. Al momento dell’emissione di un titolo viene infatti fissato il tasso di interesse che sarà corrisposto agli investitori, e questo resta tale per tutta la durata del Btp, garantendo un rendimento certo per tutto il periodo», spiega Antonella Trocino, docente di Economia dei mercati e intermediari finanziari all’Università Luiss Guido Carli. «Fanno eccezione i Btp indicizzati all’inflazione Italia o dell’area euro, il cui rendimento segue appunto il tasso dell’inflazione». I Btp Italia, per esempio, sono indicizzati all’inflazione italiana, e ogni semestre assicurano al risparmiatore il recupero della perdita del potere di acquisto, con un tasso minimo del 2%.

Dove si comprano i Btp

I titoli di Stato italiani, inclusi i Btp, vengono collocati tramite asta marginale pubblica. Più raramente, come è accaduto per i Btp Italia o i Btp Valore, si attua il cosiddetto collocamento sindacato: in sostanza lo Stato si affida a un consorzio di banche che si incaricano di raccogliere gli ordini di investitori finali. Tasso e valore nominale vengono comunicati a fine collocamento e a fine asta. C’è poi un altro canale quello del mercato secondario. I titoli già emessi possono essere acquistati sul Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato, un comparto di Borsa italiana riservato ai titoli obbligazionari già in circolazione. Nei primi due casi, per l’acquisto ci si può affidare agli istituti di credito oppure si può agire in autonomia tramite home-banking. Anche sul Mot i risparmiatori possono comprare o vendere titoli di Stato e altre obbligazioni, in autonomia se esperti, o tramite un intermediario. L’acquisto sul mercato secondario prevede però il pagamento di commissioni e di altri costi fissi.

Quanto rendono i Btp in questo momento

«Il grande interesse suscitato da questi titoli è legato al fatto che i tassi attuali sono molto elevati. Guardando il report statistico della Banca d’Italia che mostra i rendimenti all’emissione, si scopre che nel 2019 il Btp a 10 anni aveva un tasso di interesse medio dell’1,94, quello a 30 anni arrivava al 2,93. A ottobre scorso, il tasso lordo di emissione del Btp a 10 anni è stato del 4,93%. Parliamo di tassi di interesse che restano immutati per tutto il periodo dell’investimento: in pratica le famiglie che hanno sottoscritto un Btp decennale lo scorso ottobre otterranno sul valore investito un rendimento lordo annuo del 4,93%», spiega la docente.

Quanto incide la durata di un Btp sui guadagni

Generalmente, più è lunga la durata di un Btp, più il tasso di interesse è elevato. La scelta va però valutata sulla base del proprio orizzonte temporale di investimento, e considerando la variabile inflazione. «Nel lungo periodo l’inflazione potrebbe continuare a crescere, andando a intaccare il rendimento reale dell’investimento, che è dato dal tasso di interesse cedolare al netto dell’inflazione», avverte Trocino. Detta con un esempio, se il rendimento cedolare dell’obbligazione è al 4% ma nel frattempo i prezzi dei beni sono saliti del 3%, il mio “guadagno” reale è dell’1%. Qui spieghiamo come proteggersi dall’inflazione.

Come vendere Btp al mercato secondario

C’è un’altra ragione per cui è importante scegliere con cura la durata di un Btp. Quando acquistiamo questi titoli sappiamo che alla scadenza lo Stato ci corrisponderà il valore assegnato al momento dell’emissione, e cioè il valore nominale. Cosa succede però, se abbiamo bisogno di liquidità prima della scadenza? Potremo rivendere quei titoli sul mercato secondario, ma a un prezzo diverso dal prezzo di acquisto, spiega la nostra esperta: «I Btp sono quotati sul Mot, il Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato, e hanno il vantaggio di una estrema trasparenza di prezzo e un’alta liquidabilità, possono cioè essere venduti facilmente in ogni momento. Basti pensare che nel 2022 su 145 miliardi scambiati sul mercato secondario delle obbligazioni, 139 riguardavano Buoni poliennali del tesoro. Sono però titoli ad alta volatilità: all’aumentare dei tassi di interesse sul mercato, il loro valore sul mercato secondario diminuisce. Di conseguenza, se ho necessità di smobilizzare il titolo in un momento in cui i tassi di interesse sono elevati, venderò a un prezzo inferiore rispetto al valore nominale».

Perché ora i Btp perdono valore

Prendiamo quello che sta succedendo in questi ultimi tempi: da ottobre 2022 la Banca centrale europea ha operato dieci rialzi consecutivi dei tassi di interesse guida, con un solo stop lo scorso ottobre. Questa politica monetaria restrittiva ha condizionato al rialzo i tassi di interesse, e di riflesso causato una diminuzione del valore dei Btp sul mercato secondari. Se oggi un investitore con esigenze di liquidità volesse smobilizzare i titoli acquistati due anni fa, registrerebbe una perdita sul capitale. Alcuni segnali indicano però che la situazione potrebbe cambiare. «Oggi il costo del denaro è già piuttosto elevato, dunque è presumibile che nel lungo periodo tenda a scendere, generando un rialzo del valore di titoli. Se questo scenario si realizzasse, un investitore medio che compra oggi un titolo poliennale a tasso fisso potrebbe avere la prospettiva di vendere in futuro i Btp sul mercato secondario, ricavando anche un guadagno sul capitale».

Quant’è il rischio fallimento per i Btp

Si dice che il rischio legato ai titoli di Stato, che non sono altro che un “prestito” che noi facciamo a un Paese in cambio di un interesse, sia legato alla possibilità che lo Stato vada in default. Se il Paese in questione è però l’Italia, vien da sé che parliamo di un’eventualità davvero remota. Se davvero il Paese dovesse fallire, questa crisi avrebbe ripercussioni tali da provocare un terremoto in tutta l’area euro, e non solo. «In gergo si dice “Too big to fail” per le banche, ma vale anche per l'Italia», commenta Trocino. «Il nostro Paese è inoltre in una fase positiva. L’agenzia di rating Moody’s, che assegna ai Paesi un “punteggio” di affidabilità per gli investitori, ha recentemente confermato il rating dell’Italia e ne ha alzato l’outlook. Anche un altro indicatore, il differenziale del rendimento sul mercato secondario tra Btp e i titoli di Stato tedeschi, quello che chiamiamo spread, si è attestato di recente attorno ai 173 punti base, dieci in meno rispetto a un anno fa».

Cosa sono le Cacs, clausole di azione collettiva

Molti ne parlano come il “rischio nascosto” dei Btp e dei titoli di Stato. In realtà sono clausole obbligatorie introdotte nel 2013 sui titoli di Stato europei di nuova emissione, come stabilito nel Trattato sul meccanismo europeo di stabilità. Cosa significano lo spiega Antonella Trocino: «Lo Stato che ha emesso il titolo, in casi estremi può determinare un taglio del suo valore nominale, allungare la scadenza dell’obbligazione o tagliare il rendimento delle cedole. Parliamo però di misure limite, applicare queste clausole, per un Paese, significherebbe ammettere di essere sulla soglia del bail in».

 


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