Così la paura del rimpianto condiziona le nostre scelte economiche

Anatomia di un’emozione: il rimpianto

Facciamo un esercizio mentale: devi prendere un treno e sei in clamoroso ritardo. Ci sono due scenari in questo esercizio: in uno arrivi trafelato davanti al vagone che sta per chiudere le porte e parte proprio mentre ti palesi sulla banchina, lasciandoti di sasso. Nell’altro caso arrivi 10 minuti dopo che il treno è partito.

In entrambi i mondi possibili, hai perso il treno, quindi il fatto è più meno lo stesso e ci sono solo 10 minuti di differenza tra le prospettive del tuo ipotetico io sdoppiato.

Tuttavia, spero sarai d’accordo che, nel primo scenario, la persona che si vede chiudere le porte del treno in faccia proverà un’emozione molto forte: un grande rimpianto. Se vedi un treno partire un istante dopo che arrivi sulla banchina in stazione, la tua mente ti porterà immediatamente a pensare ai mille dettagli che avrebbero potuto garantire un universo parallelo differente:

  • Se avessi fatto le scale di corsa, invece di prendere quelle mobili…

  • Se quella signora non mi avesse ostacolato con il suo trolley…

  • Se non avessi dimenticato il documento e non avessi dovuto tornare in casa a prenderlo…

Se, se, se… Il rimpianto è una brutta bestia e per questo non ci piace provare tale emozione.

Cosa c’entra con le decisioni economiche?

C’entra perché oggi parliamo di regret aversion bias, una trappola mentale che può colpire le nostre decisioni di investimento e farci fare errori dalle conseguenze anche dolorose.

Proprio perché non vogliamo provare rimpianti o rimorsi per un errore, capita a volte che rimaniamo fermi, immobili, e che decidiamo di non decidere.

Gli errori di un investitore

Un investitore può fare due tipi di errore: uno attivo quando perde del denaro a fronte di un acquisto o di una vendita di un titolo nel momento sbagliato e che si traduce in una perdita.

Poi, però, c’è un secondo tipo di errore, che possiamo chiamare di “omissione”: non si fa qualcosa e le conseguenze monetarie negative prendono la forma di una mancata opportunità.

Proprio per non provare rimorsi, commettiamo errori, anche gravi.

E il guaio è che la trappola dei rimorsi possibili ci può portare a cadere vittime di altri bias in serie:

  • Con più probabilità, se abbiamo paura di provare un rimorso, seguiremo il gruppo e l’effetto gregge. Fare quello che fa la maggioranza delle persone, infatti, ci fa sentire di avere più probabilità di non provare rimpianti

  • Chi non vuole andare incontro a rimorsi, tenderà a fare acquisti di titoli cosiddetti “blue-chip”, cioè quelli di aziende già famose e solide. Non ci si avventura nell’acquisto di titoli di aziende agli albori e che non si conoscono anche se, in questo modo, non si avrà neppure la possibilità di cogliere opportunità che poi, col tempo, si rivelano particolarmente redditizie. Insomma, un conto è investire in azioni Amazon nel 2022 e tutto un altro avere preso il treno nel 1997

  • Il rimorso, infine, ci induce al conservatorismo prudente, che non è necessariamente un male: scegliere titoli meno rischiosi e più sicuri per non avventurarsi nel mare del rischio

Come si disinnesca la paura del rimpianto?

Il modo per disinnescare queste trappole mentali senza impedirci di assumerci qualche ragionevole rischio in realtà c’è.

La trappola dei rimorsi, banalmente, può essere limitata con due semplici accorgimenti: la sana vecchia diversificazione di portafoglio, per consentirci di investire in azioni anche rischiose, assicurandosi che il proprio portafoglio contenga titoli di settori molto diversi a prova di dissonanza cognitiva causata dal crollo di un titolo tra essi.

E poi una pianificazione che sia capace di fissare obiettivi di lungo termine.

Il lungo periodo è un orizzonte temporale che un investitore razionale deve annodarsi all’anima. In un orizzonte temporale medio-lungo un portafoglio diversificato è infatti sufficientemente sicuro ed è a prova di qualsiasi rimorso.

Per non perdere il treno delle scelte di investimento.



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