Fai il check up alla tua indipendenza economica

C’è una forma di violenza che si consuma senza schiaffi, si nasconde dietro comportamenti e abitudini socialmente accettate, e non fa eccezioni neanche tra le fasce di reddito più alte: la violenza economica. Quanto sei vulnerabile a essa? Ecco 12 domande da porti periodicamente per aiutarti a valutare il tuo grado di indipendenza e a capire dove migliorare.

Questo contenuto è realizzato in collaborazione con Bright Sky, l’app che ogni donna dovrebbe avere sul suo telefono. Perché con pochi clic permette di conoscere e riconoscere le forme di violenza di genere, anche le più invisibili.

 

A cura di Giorgia Nardelli


1. Ho un lavoro ed entrate stabili?

Non avere entrate proprie è indubbiamente un punto di debolezza, ma il patto familiare per cui uno lavora e l’altro si fa carico delle attività di cura è legittimo, se gestito finanziariamente nel modo corretto.

«Anche se dipendi dall’altro, sarebbe meglio che le tue entrate non fossero legate a una somma mensile che il partner ti dà per la gestione della casa e dei figli, come fosse una “paghetta”. Che sia alta o bassa non fa differenza, il denaro a cui attingi non dovrebbe passare da lui, perché questo ti mette in una condizione di dipendenza», dice Emanuela Rinaldi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Milano-Bicocca, ed esperta di educazione finanziaria (il suo ultimo libro è La paghetta perfetta - educare i figli all'uso del denaro su basi scientifiche, Il Sole24ore editore).

«In una coppia alla pari, ciascuno dei partner deve sentirsi libero di accedere al conto corrente in ogni momento, con la propria carta, e di verificare di quando in quando la situazione patrimoniale. Non vuol dire gestire i soldi senza controllo, ma condividere le decisioni senza dover chiedere il permesso se c’è una spesa extra».

2. Potrei riprendere a lavorare quando voglio?

Non è detto che ciò che oggi ti appaga e ti fa stare bene ti “basti” anche domani. Anche se oggi hai scelto di prenderti cura della casa e dei figli, il consiglio è di tenere sempre un occhio al mondo del lavoro. Se un giorno dovessi cambiare idea, o avessi la necessità di un tuo reddito, non ti troveresti a partire da zero. Per proteggerti da un’eventuale violenza economica, tieniti aggiornata sull’evoluzione del mercato del lavoro e sui corsi di formazione finanziati per riqualificarti. Non parliamo necessariamente di master o corsi a pagamento. Diverse realtà, a cominciare dalle Regioni, ma anche fondazioni e associazioni di promozione sociale, organizzano periodicamente corsi di formazione e riqualificazione professionale rivolti a donne, il più delle volte gratuiti.

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3. Il mio lavoro dipende “legalmente” dal partner?

Anche se hai un lavoro, la tua potrebbe comunque essere una situazione a rischio. Guadagni ed entrate dovrebbero essere slegati dal rapporto con il compagno, e se si lavora insieme è necessario porre attenzione ad alcuni aspetti, come spiega Emanuela Rinaldi: «Se sei assunta nell’azienda di tuo marito, questo potrebbe crearti delle difficoltà, in certe situazioni. Per “alleggerire” le spese dell’azienda di famiglia, capita che si decida di inquadrare la partner con un contratto di livello inferiore, oppure part-time, che non corrisponde all’impegno reale richiesto. Non va bene, e non solo perché in caso di separazione questo ti esporrebbe a maggiori rischi, ma perché alla lunga andrebbe a incidere sulla tua autonomia: anche da pensionata avrai un assegno mensile più basso, e per mantenere lo stesso tenore di vita dovrai dipendere dal tuo compagno». 

4. Ho un conto corrente mio?

Se la risposta è no, nel senso che avete un conto cointestato, non è necessario aprirne uno solo tuo, ma devi importi di partecipare.

«La regola tacita dovrebbe essere: io vedo quello che fai tu, tu vedi quello che faccio io. Ricorda che devi poter accedere in ogni momento ai conti correnti e alla gestione del budget familiare», suggerisce Emanuela Rinaldi.

«Almeno una volta al mese, fai una visita alle pagine di homebanking per vedere cosa succede: renderti conto di come vanno le finanze di casa e quali sono le uscite principali».

5. So quanto entra ogni mese in casa?

Non è un particolare di poco conto. Bastano verifiche periodiche per farsi un’idea di quanto siano le entrate familiari e le uscite. Se monitori gli estratti conto con regolarità sarai anche in grado di individuare immediatamente eventuali uscite anomale, e intercettare abitudini pericolose, che potrebbero danneggiare le finanze familiari, come investimenti azzardati, il vizio del gioco, situazioni debitorie, uso di droghe o altre dipendenze, quando non problemi economici veri e propri.

6. Conservo gelosamente le mie password bancarie?

Se hai un conto cointestato (ma anche se ne hai uno tuo), occhio alle credenziali bancarie: per pigrizia, in molte coppe c’è l’abitudine ad affidarle a lui, e delegargli così la gestione delle finanze tout court, dalle spese agli investimenti. «Ma le credenziali devono essere personali. Nessuno dovrebbe mai e poi mai recarsi in banca e decidere cosa fare dei tuoi risparmi senza che tu ne sia al corrente. Va anche considerato che in caso di problemi economici o di separazione, se hai fornito tu le chiavi per disporre operazioni a tuo nome, davanti a un giudice sarà difficile dimostrare che il tuo denaro è stato utilizzato illegittimamente». Dunque, se hai consegnato a tuo marito le tue password della banca, cambiale, non c’è nulla di male.

7. Ho beni intestati a me?

Qui vale lo stesso discorso fatto per il conto corrente. Avere beni propri è determinante per la propria libertà. A patto, appunto, di averne il controllo e la gestione. Se possiedi o sei comproprietaria di un appartamento in affitto, ma hai delegato completamente a tuo marito la riscossione dei canoni, i rapporti con gli inquilini o con il commercialista, non va bene. Fai uno sforzo e inizia a mettere il naso nei “tuoi” affari, per metterti al riparo da abusi che potrebbero avere effetti devastanti.

«Diversi studi dimostrano che se la persona a cui deleghiamo il controllo dei beni agisce per un suo interesse, oppure usa il denaro per limitare le nostre scelte, ci possono essere conseguenze drammatiche a livello psicologico, finanziario e relazionale», spiega la docente. «Inoltre, andrebbe sempre ricordato che il denaro è potere, affidarne a un altro individuo  la gestione vuol dire dargli il potere sulla propria vita. Non parliamo solo di mariti, se non ci si abitua a essere autonome ci si espone al rischio di diventare, da anziane, vittima di violenza economica da parte dei figli, o di chiunque altro».  

8. Ho libertà di movimento con le spese?

Ti sei mai chiesta se il tuo partner controlla il tuo estratto conto e i movimenti della tua carta di credito? E se sì, tu fai lo stesso con i suoi? «Una cosa è avere entrambi il monitoraggio delle entrate e delle spese, altro è il controllo unilaterale. Se il compagno pretende di vedere gli scontrini o chiede resoconti dettagliati non è un segnale positivo», spiega la Rinaldi.

9. Gli concedo di usare il mio denaro o il mio nome?

Essere benestanti e autonome non ti mette completamente al riparo da abusi, perché anche quando si condivide, c’è una linea di confine che non va oltrepassata. «Un caso da manuale è quello in cui lui accende prestiti o leasing a nome della compagna “sfruttando” la sua credibilità creditizia. In caso di mancato pagamento è lei a farci le spese, in senso letterale ma anche reputazionale. Altre volte il compagno si intesta dei beni, il cui acquisto è stato sostenuto però dalla donna. Sono forme di violenza economica meno frequenti, ma altrettanto pericolose», spiega Rinaldi.

10. Ho firmato per il mio partner fidejussioni e garanzie?

Una firma nel posto sbagliato è un’ipoteca sul futuro. Per questo, anche quando si tratta di aiutare una persona cara vale il principio “non firmare se non hai capito” (è uno dei 5 consigli “chiave” di Banca d’Italia per gestire con serenità le proprie finanze, trovi agli altri qui). È bello soccorrere un compagno in difficoltà, ma bisogna sapere a cosa si va incontro. Se firmi a garanzia di un mutuo o di un prestito, devi essere consapevole al 100% di quello che accadrà a te e ai tuoi beni se i soldi non verranno restituiti. Non andare sulla fiducia.

11. So quale sarà la mia pensione a fine carriera?

La domanda esatta sarebbe: «Pensi di poter mantenere il tuo tenore di vita quando la tua vita lavorativa sarà terminata?». Sono più spesso le donne a sacrificare la carriera lavorativa per crescere i figli, passando a mansioni part time, chiedendo aspettative non retribuite, interrompendo i percorsi lavorativi con veri e propri break di carriera, che a volte durano anni. Non a caso i dati Inps ci dicono che le pensioni delle donne sono il 36%  più basse di quelle degli uomini. Non solo, quindi, bisogna affrontare con il compagno l’argomento “accudimento e carriera” alla nascita dei figli (ne parliamo qui), ma anche dopo va fatto un esercizio, per capire quale sarà il proprio tenore di vita dopo, indipendentemente dalla pensione del proprio marito. Basta un simulatore della pensione


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«Se il risultato della simulazione è poco attraente,  bisogna darsi obiettivi finanziari che generino reddito per il futuro. Una pensione bassa significa restare vincolate a qualcuno nel momento più delicato della propria esistenza», spiega Rinaldi. Considera anche che, in caso di morte prematura del tuo compagno,  la pensione di reversibilità ti spetta solo se in quel momento eri regolarmente sposato (o unito civilmente, per le unioni di persone dello stesso sesso), o separato. In caso di divorzio o di convivenza, non hai diritto a nulla.

«Quindi bisogna agire. Non importa il come ma lo scopo, si può pensare di comprare un immobile che generi reddito per il futuro, una pensione integrativa, un investimento sulla carriera. Non è un esercizio semplice, e non solo perché ci viene più facile spendere soldi per un obiettivo vicino nel tempo. L’essere umano utilizza meccanismi di autodifesa rispetto a ciò che non gli piace. La vecchiaia, la pensione, sono percepiti il più delle volte come una cosa negativa, ed è difficile mentalizzarsi e imporsi di privarsi di qualcosa ora, per dopo. Ma il gioco vale la candela».


Scopri come funzionano le pensioni integrative
nella sezione Previdenti.

12. Ho una rete di relazioni stabile?

«La rete di relazioni è quella che noi chiamiamo “capitale sociale”, una rete di persone che possono venirti in soccorso in caso di shock finanziario, come appunto una separazione», dice Rinaldi. «Più se ne hanno, più avrai chance di farcela. Ovviamente ci sono due limiti. Le relazioni devono essere autentiche, altrimenti nel momento del bisogno troverai porte chiuse. Inoltre, qualunque rapporto andrà “testato” alla prova dei fatti».

Un dato, però, è certo: il capitale sociale non è un conto economico, non lo puoi contare, ma se lo coltivi hai più possibilità di trarne dei benefici. «Tendenzialmente i parenti stretti sono un capitale sociale affidabile. Diversi studi, però, affermano che se si frequentano reti come la parrocchia, la moschea o un’associazione, è più facile avere risposta immediata in caso di necessità. Da esterno è più difficile introdursi. Il consiglio è quindi quello di cercare di partecipare alla vita di comunità. È  anche questione di fortuna, ma è più probabile che  il network funzioni».

 

Di fronte alla violenza non dobbiamo mai sentirci sole. Bright Sky è l’app gratuita che aiuta a contrastare la violenza di genere in ogni sua forma. Non solo quella che subiamo direttamente ma anche quella che temiamo si consumi nel privato delle case delle nostre amiche.



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