Ho usato i soldi per riprendermi la vita

Gaia cresce in una famiglia in cui la madre ha il potere economico e il padre la responsabilità di cura. Per lei i soldi significano esperienze, benessere, godimento. Fin da giovanissima, però, si innamora di un uomo per il quale i soldi sono uno strumento di controllo. Quando lei ancora sta studiando e non ha nessuna forma di entrata, lui le lascia una banconota sul comodino al mattino, per fare la spesa. Quando lei si laurea e inizia a guadagnare con la sua attività di dentista, lui continua a gestire la vita economica familiare esigendo da lei l’esatta metà di spese su cui non ha voce in capitolo. Quando lei finalmente si decide a lasciarlo, lui prova a mandarla sul lastrico. Ma Gaia non cede al ricatto, aumenta le ore di lavoro e resiste. «Mi sono detta: ho la possibilità, ho i soldi, li uso per questo, per riprendermi al più presto la vita». 

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Ho avuto una mamma che aveva il potere economico in casa. E forse questo mi ha salvata.

Gaia è figlia unica. Sua madre è la segretaria del Ministro dell’Industria: un lavoro di grande responsabilità che non ha orari. Suo padre è un impiegato part-time della Asl: è con lui che Gaia trascorre la maggior parte del suo tempo. «Però io vedevo mia madre come una donna indipendente, realizzata», racconta. «Mio padre non le faceva pesare assolutamente la sua assenza e si prendeva cura di me. Era un uomo molto avanti rispetto a tanti uomini che oggi fingono di essere liberali, ma alla fine vogliono avere una donna che lavora meno di loro, guadagna meno di loro, sta a casa più di loro».

Gaia sa di cosa parla perché ha avuto a fianco un uomo così per anni. E questa è la storia di come è riuscita a capire che poteva farcela senza di lui.

L’incontro che cambia il corso della sua vita

Torniamo indietro di 25 anni. Finite le scuole superiori, Gaia fa i test per entrare alla facoltà di Medicina e a quella di Odontoiatria. Li passa entrambi. E benché sogni di diventare chirurga, finisce per scegliere Odontoiatria, che le avrebbe permesso di iniziare a lavorare già dopo cinque anni. Le avrebbe dato l’indipendenza economica.

A quel tempo, stava già con il suo futuro marito. Lo aveva incontrato durante l’ultimo anno del liceo. Lei aveva 17 anni, lui 30.

«Mi ha attratto la personalità, il fatto che fosse un uomo importante, affermato nel mondo del lavoro. Era anche un personaggio abbastanza conosciuto. Una persona di successo, insomma». 

Fin dalle prime battute della loro storia, si innesca un meccanismo di dipendenza. Litigano, come tutti, per delle sciocchezze. Lui però ha reazioni esagerate, sparisce per giorni, lei si arrovella nei sensi di colpa, poi quando lui torna e la “perdona”, lei gli è riconoscente. E la giostra ricomincia.

«Un esempio banale: lui possedeva uno dei primi telefonini. Ricordo che saltandogli in braccio gliel’ho fatto cadere, così, per sbaglio. È esploso in un’ira funesta, mi ha detto di tutto».

Lui guadagna già molto bene. È un impiegato amministrativo con un hobby, l’allenatore di calcio, che è diventato un secondo lavoro remunerato tre volte più del primo. Può permettersi oggetti costosi come i primi cellulari, ma mostra un attaccamento morboso alle sue cose ed è profondamente avaro. 

Gaia ancora non ha entrate, ma può contare sull’aiuto dei suoi genitori che le pagano gli studi universitari e non solo.

Perché loro, soprattutto mia madre, non sopportavano il fatto che io fossi mantenuta da lui, che tra l’altro era una persona non generosa e che aveva questo rapporto un po’ malsano con i soldi. Non volevano che gli chiedessi niente, perché pensavano che me l’avrebbe potuto far pesare o rinfacciare.

Gaia si sposa nel 1998. Ha 21 anni. È presto, prestissimo, ma ha paura di perderlo. È convinta di aver trovato la persona giusta, si sente fortunata ad averlo a fianco. La data del matrimonio, però, viene posticipata di sei mesi perché sua madre si rifiuta di partecipare. 

«Io poi l’ho convinta a venire, ma se vedi le foto del mio matrimonio… ha una faccia così tirata. Non ha mai fatto un sorriso». 

Gli anni di studio e “sottomissione”

Anche dopo il matrimonio, Gaia continua ad avere una carta di credito collegata al conto dei suoi genitori, i quali pagano ancora i suoi studi. Ma nessun potere sui soldi di lui.

Non ho mai avuto la firma sul suo conto, non ho mai saputo quanto avesse in banca. Non ho mai potuto interagire minimamente con i suoi soldi. Né mettere bocca su quello che ci doveva fare. Lui sapeva tutto e gestiva tutto. Io eseguivo.

Ogni mattina lui le lascia dei soldi in contanti sul comodino. 50, 100mila lire, in base a ciò che serve per la giornata. Al rientro, controlla ogni scontrino.

«Mi controllava pure se facevo la spesa al supermercato giusto, perché si risparmiava di più da una parte rispetto che da un’altra. Io non mi potevo comprare uno shampoo da donna che mi piaceva, perché dovevo usare quello che usava lui, che mi lasciava i capelli secchi. Il balsamo, poi, a che serve? Lui aveva stabilito delle cose standard e quelle dovevo comprare: non mi potevo discostare più di tanto, perché sennò erano storie».

Gaia intanto studia perché vuole laurearsi. Lui non la incoraggia, ma neppure la ostacola.

«Me l’ha lasciato fare tranquillamente senza ostacolarmi, perché fin da subito ha percepito un potenziale vantaggio economico anche per lui». 

Il pensiero di avere in casa un secondo stipendio da dentista lo alletta ma non al punto da aiutare Gaia a laurearsi, sollevandola dalle incombenze domestiche. Nient’affatto. Gaia deve occuparsi da sola della casa e della prima bambina che nel frattempo arriva, nel 2001. 

«Lui usciva alle sette per andare al lavoro, e io fino alle 12 riuscivo a concentrarmi nel silenzio assoluto e studiavo tantissimo. Poi il pomeriggio avevo da fare tutto ciò che serviva a mandare avanti la casa e non potevo più. Mi sono laureata studiando solo la mattina».

Mi ricordo gli ultimi esami. Tenevo mia figlia attaccata al seno perché solo così stava tranquilla. Io intanto cercavo di leggere, ma lei ricominciava a piangere, e scendevano le lacrime pure a me per la stanchezza, lo stress, non dormivo più...

Nel 2002 incredibilmente riesce a laurearsi. In corso.

«L’ho fatto. Non so come. Mia madre era preoccupatissima che io potessi lasciare. I miei mi aiutavano in tutti i modi per farmi fare gli ultimi esami. Ma io avevo una forza che solo la determinazione di raggiungere quell’obiettivo poteva darmi. Sapevo che dovevo riuscirci, perché già non ero felice. La laurea è stata la svolta per me». 

La svolta della laurea

Gaia inizia subito a lavorare come consulente per studi di colleghi anche molto distanti da casa. E inizia a guadagnare. Fino ad allora, benché lui avesse entrate da 5-6 milioni di lire al mese, non avevano mai vissuto nell’agio.  

«Potevamo concederci la babysitter, invece no: costava troppo, dovevamo ricorrere ai nonni con tutte le complicazioni del caso. Avremmo potuto avere una vita molto più agiata. Invece lui si privava di tante cose perché era uno che tendeva a risparmiare e ad accumulare. Era un accumulatore». 

Gaia ha ereditato dalla sua famiglia una mentalità diversa. Sua madre, con il suo guadagno, le aveva permesso di fare esperienze bellissime, viaggi studio e attività sportive.  Finalmente adesso può farlo anche Gaia, per sé, per la figlia e per il maschietto che arriva nel 2004. Può aprirsi un suo conto corrente. Può dare ai soldi la direzione che ha senso per lei. 

Appena ho avuto i miei primi soldi, ho sentito la possibilità di essere libera. Per me i soldi significano esperienze, benessere, godimento. Ho iniziato a comprarmi delle cose senza dirgli niente, perché sapevo che si sarebbe arrabbiato. Le nascondevo e poi le tiravo fuori una per volta, dicendo che me le aveva regalate mia madre.

Per lui, Gaia non è una persona che può esprimere dei bisogni propri. 

«Io non ero mai andata dall’estetista a farmi una ceretta, un massaggio o la pulizia del viso fino a 30 anni, quando ho iniziato la rivoluzione che poi mi ha portato alla separazione». 

“Non sono brava con i conti”

Benché per le spese comuni facessero a metà, la gestione economica della famiglia era completamente nelle mani di lui. Gaia, come spesso succede a noi donne, benché sia laureata e mandi avanti un’attività da libera professionista, non si ritiene capace di gestire i conti di casa.

Era bravo lui, faceva tutti questi fogli Excel. Io non sono così precisa, non ho la mente matematica. Lui invece è proprio fatto a caselle. Ogni mese mi diceva quanto gli dovevo e io glieli davo in contanti, senza neanche controllare.

La casa dove lui tuttora abita, l’avevano comprata assieme, anche grazie ai soldi della liquidazione della mamma di Gaia. E ne pagavano il mutuo perfettamente a metà. Eppure, ne era lui il proprietario.

«Doveva essere cointestata. Poi, pochi giorni prima dell’atto, vengo a sapere che aveva tolto il mio nome. Non mi sono fatta neanche troppe domande. Ho pensato che a livello fiscale fosse meglio così, e che a me in fondo non cambiava nulla».

Anni dopo, lui decide di prendere un incentivo statale per fare l’impianto fotovoltaico e di collegarlo al conto corrente di Gaia. A fine mese le chiede di restituirgli in contanti la metà esatta di ciò che entra con l’incentivo. In fase di separazione esigerà quei soldi nuovamente indietro, dal momento che il versamento non risultava da nessuna parte.

«Io però, pur di liberarmi, gli ho ridato tutto quanto e non me n’è fregato niente». 

Nessun ambito della vita di Gaia è veramente libero dal suo sguardo. Neppure la sua attività di dentista. «Metteva bocca anche in quello. Voleva vedere gli incassi, le spese». 

L’inizio della rivoluzione

Eppure, benché ancora dentro questa bolla di scarsa autonomia, Gaia fin dal primo giorno in cui inizia a lavorare accarezza la possibilità di mettere fine a quella relazione.

Io, nel momento in cui ho avuto l’indipendenza economica, ho percepito di potermi dare mille altre possibilità. Non ero più tenuta a stare dentro una casa con un tiranno che mi dava i soldi contati come a una bambina.

Gaia capisce che è tempo di uscire da quella storia quando inizia a percepire interesse per altri uomini. Segno inequivocabile che pure a livello affettivo non è rimasto più niente. C’è qualcosa, però, che ancora la frena. Gaia ha paura delle sue reazioni. Così, piuttosto che affrontare la guerra con lui, è disposta a trovare consolazione fuori dal matrimonio e a resistere al suo interno. 

Poi un giorno, all’improvviso, tutto cambia. E la forza che pensava di non avere, arriva. Quando esattamente?   

«Quando a mio padre nel 2012 diagnosticarono il tumore al polmone. Ebbi questa telefonata dal medico. Tornai a casa e gli dissi: “Mio padre ha il cancro al polmone e io voglio separarmi”». 

Cosa era successo dentro di lei?

«Vedere mio padre che ha sempre celebrato la vita, ha sempre voluto star bene… vedere che lui stava morendo e invece voleva vivere. E io, che stavo bene in salute, invece stavo morendo dentro… non so, mi ha dato una svegliata. Avevo un lavoro che mi dava l’indipendenza economica più di molte altre persone che conosco perché guadagnavo già il doppio, il triplo delle mie amiche. Avevo la forza di fare un’altra scelta perché me la potevo pagare. Qualsiasi scelta nella vita ha un costo. Una donna che si vuole separare se non ha i soldi per andare da un avvocato oppure trovare un’altra casa perché non si sente sicura, rimane là e aspetta la burocrazia con tutti i rischi, con tutto quello che ne consegue. Io invece potevo andarmene».

Lui inizialmente non le crede, è una cosa che le ha sentito ripetere tante volte. Quella volta però c’è qualcosa di diverso.  

«Quando lui iniziò a rendersi conto che ero ferma e risoluta sulla mia decisione ha fatto il pazzo: ira, urla, insulti, mani addosso. A quel punto ho preso i soldi in contanti che avevo del lavoro, addirittura 3.000 euro. Sono andata all’agenzia immobiliare e ho detto loro: vi dò la caparra, trovatemi una casa per domani al massimo». 

Nella sua vecchia casa, Gaia non metterà più piede. Riavrà indietro solo qualche effetto personale, mesi dopo, dentro sacconi neri della spazzatura. Mentre non rivedrà mai più i mobili antichi appartenuti alla sua famiglia o la quota che aveva messo sua madre per l’acquisto della casa.

A Gaia non importa. È troppo concentrata, adesso, a fronteggiare per la prima volta gli aspetti pratici dell’esistenza.

La gestione della casa era tutta nelle sue mani. Io non sapevo niente, non mi era proprio consentito saperlo, mi dava una paghetta come ai figli. Lui aveva una figlia, non una compagna.

Il ricatto dei soldi

Suo marito prova a usare i soldi per tenerla legata: si rifiuta di pagare le lezioni di equitazione per la figlia o la psicoterapia quando se ne presenta il bisogno. Persino il passaggio della ragazza a una scuola privata, reso necessario da una forma di depressione giovanile, è tutto a carico di Gaia. Lei sa che le procedure di divorzio in Italia durano tantissimo. E non vuole rimanere ferma durante quel tempo. 

«Ho preferito spendere dei soldi io, anche quelli che avrebbe dovuto spendere lui, ma vivere. Sennò mi avrebbe tolto il tempo, il tempo della vita. Sarei rimasta cristallizzata per anni, senza far fare niente ai miei figli. Tanto vale vivere. Mi sono detta: ho la possibilità, ho i soldi, li uso per questo, per riprendermi al più presto la vita». 

Fatti i dovuti conteggi, la procedura di divorzio costa a Gaia 50mila euro

«Alla fine io ho provveduto per i figli molto più del 50% che avrebbe dovuto essere, perché lui si è messo contro, ha provato a ostacolare ogni cosa per dimostrarmi che era tutto difficile, che io non ce l’avrei potuta fare da sola».

Invece Gaia ce la fa. Lavorando.

«Mi sono presa altre due consulenze e ho arrotondato quegli altri 1.500 euro al mese che mi servivano per fare quelle ulteriori spese».

Si è trattato di aver pazienza, lasciar andare i soldi e non cedere al ricatto.

Il sapore della libertà

Oggi Gaia è finalmente libera. Da tre anni, ha accanto un uomo completamente diverso rispetto al suo ex marito. Per alcuni versi, assomiglia a suo padre.

«Una donna con un passato come il mio, con due figli grandi, magari può far paura, invece ho trovato un uomo che gioisce  di questi aspetti e del fatto che io possa guadagnare più di lui, la ritiene una cosa bella, che può solo arricchire, invece che togliere. Non ne ha paura perché è una persona sicura di se stessa, risolta». 

Gaia nel frattempo ha comprato una casa sua. Quando guarda il suo conto in banca, anche la rata del mutuo che scende ogni mese, vede ciò che è riuscita a costruire.

Ho una casa comprata, e una quantità di soldi che mi dà la libertà, la sicurezza di dire: io ce la faccio da sola, non ho bisogno di nessuno.

Questa puntata è stata realizzata in collaborazione con Bright Sky, una app gratuita realizzata da Fondazione Vodafone per contrastare la violenza di genere, in ogni sua forma. Non solo quella che subiamo direttamente ma anche quella che temiamo si consumi nel privato delle case delle nostre amiche. Perché di fronte alla violenza, non dobbiamo mai sentirci sole.  

Ascolta questa storia in podcast:

 

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Giacomo Traldi

Giacomo Traldi is a freelance graphic designer. His work focuses on both print and digital editorial projects, visual identities and video making. Based in Milan, he has collaborated with Studio FM Milano, Leftloft, Tomo Tomo and the publishing houses Periodici San Paolo and Mondadori. He studied Communication Design at Politecnico di Milano and at Rhode Island School of Design.

https://www.giacomotraldi.com
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