Girl math: anatomia di un fenomeno

Dai microfoni di una radio neozalendese ai tavoli di una famosa catena di pizzerie americana, il passo è breve. Se ancora non hai sentito parlare del fenomeno girl math, te lo raccontiamo noi.

Piccola storia di un fenomeno virale

Tutto è iniziato dal programma FVHZM: i suoi conduttori, che oggi su Instagram si definiscono addirittura i “CEOs of girl math”, intervistano ragazze che confessano i loro acquisti e, per dissipare i sensi di colpa, si inventano giustificazioni fantasiose, giocando sempre sul filo dell’autoironia e delle risate. Del tipo: se acquisti un volo o dei biglietti per un concerto mesi prima, è come se fossero gratuiti. Idem se ricevi il rimborso per un acquisto: secondo la girl math, sono soldi guadagnati, che quindi puoi spendere senza pensieri. Per non parlare dei pagamenti con i soldi in contanti, che, secondo questa logica, non essendo tracciati come quelli spesi con la carta di credito, è come se non esistessero.

Questi ragionamenti fuori dall’ordinario hanno fatto boom su TikTok, innescando commenti, video e condivisioni in tutto il mondo con l’hashtag #girlmath. E qui arriviamo alla pizza: la catena statunitense Pizza Hut ci ha costruito una campagna pubblicitaria, uscita a fine ottobre anche sui social, dove al centro c’è la sua nuova offerta Deal Lover’s che invita a ordinare due o più piatti al prezzo di 7 dollari l’uno, invece di 17. Lanciando il messaggio che è “praticamente gratis”. Per rafforzarlo hanno scelto come protagonista Anna Sitar, tiktoker di successo ma anche laureata in ingegneria meccanica. E Pizza Hut non è stata l’unica. Anche il brand beauty Sephora ha cavalcato l’onda, e altre aziende americane, come Bablylist e la catena di negozi Five Below, che vende solo prodotti sotto i 5 dollari.  

Lo stereotipo sulle abitudini di spesa delle donne

Una prima riflessione va fatta sul sessismo marcato di questo tipo di ragionamenti. Come se fossero tipici delle donne che s’inventano qualsiasi scusa pur di spendere soldi o non sono in grado di fare i conti. In pochissimo tempo su TikTok sono arrivati anche hashtag legati agli uomini o alla comunità Queer (#boysmath e #queermath), ampliando il raggio di attenzione e azione oltre il girl math. Ma la genesi del movimento virale richiama uno stereotipo molto radicato, quello per cui le donne avrebbero una gestione finanziaria particolarmente approssimativa e orientata allo shopping. Othega Uwagba, in Dobbiamo parlare di soldi, riporta un’analisi semiotica del 2018 su una serie di articoli sulla gestione finanziaria personale usciti nel Regno Unito che rileva enormi discrepanze nel modo in cui i media si rivolgono agli uomini e alle donne quando si parla di denaro: «Le donne vengono caratterizzate soprattutto come “spendaccione” dotate di scarse capacità di giudizio», scrive Uwagba. «E gli articoli destinati alle lettrici rappresentano il mondo della finanza come un campo minato troppo complicato perché i nostri cervellini possano capirci qualcosa». Certo, il fenomeno “girl math” propone un aggiornamento del “linguaggio della colpa” con cui questi contenuti sono stati storicamente trasmessi, e si fa promotore di una celebrazione di questo tipo di spesa, ma conferma lo stereotipo che ne è alla base.

Il meccanismo disfunzionale del mental accounting

Tutto molto divertente quindi… ma solo se resta confinato al prendersi in giro, senza autoconvincersi che sia la cosa giusta. «L’idea di fondo funziona per riderci sopra. Ma, se esasperata dai social, si corre il rischio di normalizzare, soprattutto tra le nuove generazioni, una modalità di pensiero del tutto illogica» ci spiega la nostra esperta Paola Iannello, professore associato di psicologia all’Università Cattolica di Milano. «E può diventare anche una questione etica, se entrano in ballo messaggi commerciali come quello di Pizza Hut». 

Quelli a cui fa riferimento “girl math”, secondo la psicologia cognitiva e comportamentale, sono meccanismi o bias mentali, automatici e disfunzionali, che vanno disinnescati perché pericolosi. Richard Thaler, economista statunitense che nel 2017 ha vinto il premio Nobel, li ha studiati a lungo e ha sviluppato la teoria del mental accounting, dove l’economia si intreccia con la psicologia. «La girl math sostiene che se una cosa costa meno di 5 euro è come se fosse gratis. Ma se quei soldi li spendi tutti giorni, per un anno, si arriva a 1825 euro. Come azione singola, può sembrare sostenibile e sensata, ma si perde di vista l’effetto cumulativo, e quindi il totale. La mente tiene bilanci separati: per questo sembra tutto ragionevole e sensato per le nostre tasche» aggiunge Iannello.

È un pensiero automatico su cui il marketing fa leva da sempre. Come quando andiamo a comprare un auto e al prezzo base, si aggiungono, una per una, tutte le varie spese per gli accessori, che sembrano indispensabili. Insomma, niente di nuovo, ma invece di metterlo in luce come un atteggiamento distorto, viene esaltato con una facilità preoccupante. «Che poi un’azienda lo sfrutti per aumentare le vendite, può essere pericoloso anche in termini di indebitamento» continua la nostra esperta. «Pensiamo infatti al fenomeno diffuso del credito al consumo: per i più giovani è diventato normale avere tanti conti aperti per pagarsi un cellulare, un paio di scarpe, lo smartwatch. Tanto sono spese piccole e gestibili, prese una per una, ma è nell’insieme che possono diventare un problema». 



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