Dopo il divorzio, mi sono venduta le cose che lui mi comprava invece di amarmi

Johann Rossi Mason è giornalista scientifica, autrice televisiva, saggista e imprenditrice. Durante la sua infanzia, passata tra il Trentino e la Liguria, vive un’esperienza di scarsità che la segnerà per sempre, trasformando la sua vita in un’instancabile ricerca della sicurezza economica. Arriva a Roma a 14 anni, dove trova subito il modo di avere qualche soldo in tasca: compra oggetti di valore, rivendendoli a un prezzo maggiorato. Una volta cresciuta, resta a vivere con sua madre e intanto fa diversi lavori. Con i soldi che guadagna aiuta in casa e si gode anche la vita, ma c’è un nodo irrisolto che ha dentro: la formazione. Decide così di iscriversi alla facoltà di Giornalismo a Urbino e una volta laureata inizia a lavorare subito con giornali e uffici stampa e a guadagnare molto bene. Si sposa e comincia comprare vestiti firmati, borse, orologi, oggetti di valore. Fino a che, con la separazione dal marito, si ritrova a dover vendere tutto per colmare alcune grosse lacune economiche, imparando così a lasciar andare le cose: «Mi sono resa conto che gli oggetti sono solo oggetti: sono belli, te li godi. Ma alla fine anche quando se ne vanno, tu resti sempre la stessa e non cambia niente». Quando finalmente riesce a sistemare tutte le questioni economiche aperte, inclusi i debiti che la madre le lascia alla sua morte, Johann decide di investire su stessa e si riscrive all’Università: «È stata la cosa migliore che potessi fare. Per altri 10 anni noi donne faremo ancora molta fatica e quindi la formazione e la competenza sono fondamentali. Non esistono scorciatoie per noi».

Ascolta il podcast della puntata:

Una grossa lezione sul possesso me l’hanno data i ladri. Essendo entrati in casa mia qualche volta, mi sono resa conto che gli oggetti sono solo oggetti: è bello, te li godi. Ma alla fine anche quando se ne vanno, tu resti sempre la stessa e non cambia niente. Non vale nemmeno la pena rimanerci troppo male.

Johann Rossi Mason ha attraversato, nella sua vita, la scarsità più lacerante e l’abbondanza più sfarzosa. A 54 anni, ha finalmente fatto pace con i soldi. Con il loro potere e la loro volatilità.

Il momento della scarsità economica

Johann Rossi Mason è una giornalista scientifica, un’autrice televisiva, una saggista e imprenditrice. Oggi vive a Roma, la sua città, che ha conquistato però solo a 14 anni e non ha più abbandonato.

«Mia mamma era una ragazza madre per scelta, non si è mai voluta sposare. Mio padre era un giocatore di basket americano e ad un certo punto della loro relazione hanno deciso di tornare ognuno alla propria vita. Quando nacqui mia madre decise di accantonare le sue ambizioni da presentatrice televisiva. Era molto bella, molto talentuosa. Solo dopo la mia nascita si rese conto che era necessario portare a casa tutti i mesi uno stipendio. Decise di insegnare e venne mandata in un paesino del Trentino Alto Adige, letteralmente sul cucuzzolo di una montagna. Per una bambina di cinque anni quello era una specie di paradiso. Io ho vissuto in mezzo alla natura, facevamo la vendemmia con i contadini».

Ed è lì, in quei primi anni di vita in Trentino Alto Adige, che Johann, pronipote del proprietario del più bell’albergo di Tripoli, parente di orafi e gioiellieri, vive un’esperienza di scarsità che la segnerà per sempre, trasformando la sua vita in un’inquieta ricerca della tranquillità.

«Io ero piccola, facevo l’ultimo anno di materna e vivevamo in affitto in una stanza di una pensione. Non avevamo la cucina, il frigorifero era l’esterno della finestra e mia mamma cucinava su un fornelletto in bagno. Mi ricordo che una sera c’era davvero poca disponibilità e lei tagliò una mela per dare un po’ più di consistenza alla minestra».

Ma devo dire la verità: io non mi sono mai sentita povera, c’era molta allegria in questa scarsità. Ogni tanto una mia zia, la moglie del fratello di mia madre, ci mandava dei soldi e noi cantavamo “Viva, viva la zia Elvira! Eravamo senza una lira.

Johann ha impiegato anni per catturare il segreto della relazione di sua madre con i soldi ma non le è riuscito di farla funzionare per sé.

«Mia mamma era una donna estremamente libera e quindi anche il suo rapporto col denaro lo era. Non è mai stata schiava dei soldi, li ha sempre vissuti in maniera creativa. Io l’ho capito tardi ma è proprio così: i soldi escono, rientrano, si possono fare e si possono perdere. È una cosa che ha necessitato di tantissimi anni per essere maturata perché la cifra, per me, era sempre quella della paura del futuro, mentre lei era estremamente incosciente su questo e quindi non se ne curava più di tanto. Dormiva lo stesso anche quando di soldi non ce n’erano».

Dal Trentino, la mamma di Johann viene trasferita in Liguria, a Rapallo, e poi, quando Johann è in terza media, finalmente a Roma. Qui vanno a vivere a casa della nonna materna. «Che, al contrario di mia madre, era una persona molto rassicurante e molto posata. Io nella mia vita ho cambiato 17 scuole. Sono una cittadina del mondo, ma sono anche una sradicata che ha cercato poi, a un certo punto, di mettere radici. Quindi ora sono fortemente radicata a Roma e tendo a mantenere quel patrimonio di rapporti sociali che ho costruito e che rappresentano la mia ricchezza».

I primi soldi

Appena arrivata a Roma, Johann trova il modo di iniziare ad avere qualche soldo in tasca.

«A Roma c’era una rivista che si chiamava Porta Portese, dove venivano pubblicati gli annunci economici. Io a 14 anni compravo piumini firmati, felpe delle Best Company e motorini, poi li rivendevo a un prezzo maggiorato. Questo mi ha consentito sin da subito di maneggiare molto denaro».

Finite le scuole superiori, i soldi per farla studiare non c’erano. 

«Sono andata a lavorare e sono stata indipendente da subito. Questa forma di indipendenza l’ho sempre coltivata, anche successivamente, con il mio ex marito. Sono stata probabilmente una delle poche donne divorziate che ha rinunciato agli alimenti. Io non volevo dipendere da una persona con cui non condividevo più il destino».

Johann resta a vivere dai suoi e intanto fa la commessa, la hostess. Poi trova lavoro come segretaria di direzione in una casa discografica, ha un contratto a tempo indeterminato. Con i suoi soldi aiuta in casa, ma si gode anche la vita, vacanze col fidanzato, il primo motorino, la prima auto… ma c’è un nodo irrisolto che ha dentro.  

«Ho capito che mi mancava la formazione e che volevo di più. Ero molto ambiziosa, quindi a 22 anni mi sono messa a studiare. Ho utilizzato tutto quello che il mio contratto mi concedeva, permessi retribuiti e non. Lavoravo 8 ore al giorno e studiavo la notte. Quando ad un certo punto mi sono resa conto che non ce la facevo più, ho lasciato il lavoro. Mia madre e mia nonna, con le quali vivevo, sono state estremamente carine».

Magari arrivavo a fine mese che non avevo più soldi per la benzina e mi ritrovavo sul comodino 50.000 lire. Nessuno chiedeva ma tutti sapevano quando era il momento di supportare l’altro. Io ho sempre avuto la percezione che nelle famiglie ognuno dovesse fare la sua parte.

Se i soldi per la benzina saltano fuori in famiglia, quelli per studiare sono invece suoi. Johann studia giornalismo a Urbino e poi si specializza in giornalismo medico scientifico all’Università di Tor Vergata.

«Mi sono autofinanziata quasi sempre e ho fatto anche una cosa di cui ancora mi pento: la mia famiglia mi regalò un Breitling antico e lo vendetti per comprarmi i libri. Avevo questa presunzione di studiare su dei libri nuovi. Non sono mai riuscita a studiare sui libri usati dagli altri: un piccolo lusso di cui ho avuto bisogno».

Johann inizia a lavorare per tutte le testate di salute italiane, da Starbene a Repubblica.

«Ho imparato a bussare alle porte e a propormi. Apriva un nuovo giornale e io ci andavo subito a parlare. “Avete bisogno di un collaboratore? Mi occupo di salute”, e così via».

Ma non è con i giornali che inizia a guadagnare bene, bensì con gli uffici stampa.

«Con il primo lavoro ad AdnKronos mi sono comprata un orologio di lusso, in contanti. Avevo questa soddisfazione proprio di mettere i pezzi da 100.000 lire uno sull’altro. Perché io amo molto le cose belle, amo i gioielli, amo gli orologi, amo le macchine d’epoca. E non ho mai aspettato che me li comprassero, me li sono comprata da sola».

L’importanza del lasciare andare

A un certo punto, però, le cose belle entrano nella sua vita da un’altra porta d’ingresso. Johann a 29 anni sposa un uomo molto più grande di lei e, apparentemente, molto più ricco.

«Potevamo andare in vacanza più o meno dove ci pareva. C’era una situazione di grande comfort. A un certo punto però si innesca una specie di trappola: mio marito era una persona geniale, di un’intelligenza superiore; ma dal punto di vista emotivo, invece, era meno performante. Quindi tentava di colmare quello che non riusciva a darmi emotivamente con beni e servizi. Mi sono ritrovata piena di cose belle, piena di oggetti che però non mi nutrivano e quindi a quel punto ho capito che avevo bisogno di altro».

La capacità di non dar valore alle cose, appresa probabilmente nella sua infanzia di scarsità, si rivelerà preziosa al momento della separazione. Quando Johann sentirà addosso la responsabilità di una figlia di 7 anni cresciuta fino ad allora nel lusso. 

«Quel tesoretto di cose che sostituivano l’affettività mi servì. Io avevo gli armadi pieni di borse firmate e oggetti di valore. Ho venduto i gioielli, ho venduto il Rolex. Ero molto attiva su eBay».

Johann, se da una parte capitalizza l’anaffettività del marito rispolverando le sue doti di venditrice coltivate fin dalla tenera età, dall’altra si tuffa nel lavoro per ricostruire e puntellare la sua stabilità e non ritornare dentro la vita vissuta con sua madre quando era piccola. Scrive, conduce programmi. A un certo punto apre anche una sua società, la Mason&Partners. E soprattutto risparmia.

Avendo avuto una situazione di incertezza economica per me è sempre stato fondamentale risparmiare. Mi sono concessa degli sfizi ma non ho mai fatto il passo più lungo della gamba e ho sempre accantonato una quota. Ed è quello che dico sempre anche a mia figlia: tieniti una riserva, non sai mai quello che ti può succedere. Fai la tua vita, però non ti spendere tutto. Rinuncia a qualcosina e metti lì, perché alla fine ti dà un po’ di tranquillità.

Proprio quando le cose sembrano andare a posto, Johann si ritrova ancora una volta a fare i conti con la sua storia. 

«Quando mia mamma undici anni fa è morta mi ha lasciato parecchi debiti. Lei aveva una preoccupante tendenza a chiedere prestiti, a indebitarsi, al contrario di me che se uno mi chiede se voglio comprarlo a rate mi viene un colpo. Da quando ho pagato tutto il debito, mi è rimasta una piccola quota di 7.000€. Mi ci sarei potuta fare un bel viaggio alle Maldive, e invece ho deciso di iscrivermi di nuovo in Università. Quindi, in pieno lockdown mi sono iscritta di nuovo a Sociologia a Urbino. È stata la cosa migliore che potessi fare. Mi ha aperto dei fronti di conoscenza immensi e mi ha dato un’ulteriore sicurezza».

Studiate. Qualsiasi cosa, non necessariamente una laurea, però continuate a formarvi. Poi avrete tempo per viaggiare. Per altri 10 anni noi donne faremo ancora molta fatica e quindi la formazione e la competenza sono fondamentali. Non esistono scorciatoie per noi.

Una nuova visione: i soldi come strumento

È solo da poco tempo che i soldi hanno smesso di essere una preoccupazione per Johann.

«Quando ho aggiustato tutte le varie situazioni economiche, finalmente mi sono comprata casa a Roma. Ho 25 anni di mutuo, però adesso mi sento più tranquilla, più sicura. È una cosa che non sanno in molti ma la mancanza di denaro è quello che si chiama determinante sociale di salute. L’insicurezza economica determina nelle persone uno stress che innesca un’infiammazione cronica silente e aumenta il rischio di malattia. È difficile mantenere uno stile di vita sano perché lo stress ti porta ad avere dei comportamenti a rischio, ti porta a fumare, ti porta a bere, ti porta ad avere un’alimentazione squilibrata. Per avere uno stile di vita sano devi essere sereno».

Oggi Johann ha un solo rimpianto.

«Io ho sempre risparmiato ma non ho mai investito e forse se avessi investito avrei capitalizzato di più. A mia figlia dico di orientarsi meglio di come ho fatto io, perché ci sono degli strumenti che ti permettono una maggiore serenità. Per esempio, quando è morta mia madre io ho stipulato una polizza a vita, che costa 50€ al mese e che garantisce a mia figlia, in caso mi succedesse qualcosa, di avere un piccolo tesoretto che può darle un po’ di tranquillità e di serenità».

 

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