Mi pesava da morire essere mantenuta

Valentina ha 44 anni, è cresciuta ad Acireale ma da quasi 12 anni vive in Lussemburgo, dove lavora come manager. Grazie alla bravura del nonno nell’ambito commerciale, la sua famiglia era molto ricca e conosciuta in Sicilia: avevano negozi di arredamento e vivevano nel lusso. Quando Valentina ha 14 anni, il nonno decide di aprire il quarto negozio di arredamento, ma le cose non vanno come si aspettavano. Per problemi economici, lui si toglie la vita e i figli sono costretti a dichiarare fallimento, perdendo case e certezze. Quando la situazione sembra stabilizzarsi, Valentina decide di iniziare l’Università a Roma, dove a mantenerla è il padre, che intanto si è separato dalla madre ed è tornato nella sua Puglia. Ma la fatica di dipendere economicamente da qualcuno, non permette a Valentina di portare a termine gli studi. Inizia così a fare lavoretti, uno dopo l’altro. Dopo qualche anno di lavori sottopagati, si trasferisce a Milano e decide di dedicarsi a qualcosa che la appassiona davvero: la grafica. Ma quando finalmente trova lavoro in quell’ambito, al suo compagno viene offerto un posto in Lussemburgo e Valentina decide di mollare tutto per seguirlo. Valentina passa le giornate da sola, in una città che non è la sua, dove si parla una lingua che non conosce. Non ha soldi perché non riesce a trovar lavoro e dipende totalmente dal suo compagno: «Mi pesava da morire essere mantenuta». Dopo cinque anni la loro relazione finisce, ma finalmente per Valentina le cose iniziano ad ingranare. Trova un lavoro e, all’età di 40 anni, riesce a prendersi un appartamento tutto per lei. Adesso guadagna 70.000 euro l’anno ma il valore che attribuisce allo stipendio non ha nulla a che vedere con il suo potere di acquisto, bensì con una promessa che questo stipendio racchiude, la promessa di autonomia.

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La stima che ho di me è basata sul fatto che ho attraversato talmente tante cose nella mia vita, soprattutto da quando sono in Lussemburgo, che non è quanto guadagno a definirmi, ma tutto quello che ho dovuto fare per arrivare a questo punto.

Valentina ha 44 anni, è cresciuta ad Acireale ma da quasi 12 anni vive in Lussemburgo, dove lavora come manager. Ha uno stipendio di 70.000€ lordi l’anno, ma il valore che gli attribuisce non ha a che fare con il suo potere di acquisto, bensì con una promessa che questo stipendio racchiude, la promessa di autonomia. Che per Valentina è la cosa più vicina alla felicità.

Un’infanzia passata nel lusso

Grazie alla bravura del nonno nell’ambito commerciale, la famiglia di Valentina era molto ricca e conosciuta in Sicilia.

«Lui aveva iniziato con un negozio di elettrodomestici, poi da lì si è buttato nell’arredamento ed è esploso perché era veramente bravo. Io lo dico sempre: il gusto che ha la mia famiglia in Sicilia è pazzesco. Avevamo tre punti vendita e avevamo le più grosse marche dell’arredamenti italiano, da Frau ad Artemide e così via. Noi davamo anche i mobili in affitto quando venivamo a girare i film in Sicilia».

Per la sua famiglia, i soldi non sono mai stati un problema. Ce n’erano e si spendevano. I primi ricordi che Valentina associa al denaro sono legati al lusso.

«Io lo dico sempre: mio nonno era quello che realizzava i sogni. All’epoca mia nonna e mia mamma riuscivano ad avere i vestiti ordinati da Milano. Stiamo parlando di anni in cui in Sicilia, queste cose non le vedevi spesso. Da questo punto di vista, io e mia sorella eravamo viziatissime. Io avevo tutto per le Barbie, la villa, la piscina, il fashion Plaza. Quindi, io avevo la possibilità di spendere soldi in stupidaggini, come volevo».

Il momento del crollo

Quando Valentina ha 14 anni, il nonno decide di aprire il quarto negozio di arredamento. Le cose però, non vanno come si aspettavano. 

Probabilmente lui ha fatto il passo più lungo della gamba e non è riuscito più a gestire la cosa. E poi, per problemi economici si è tolto la vita. Lì, abbiamo dovuto dichiarare fallimento e siamo piombati dalla padella alla brace. A quel punto, per me i soldi erano tutto, perché non li avevamo più.

La famiglia sprofonda nell’incertezza finanziaria più assoluta. Non hanno più soldi e non sanno come andare avanti. I genitori di Valentina si separano, il padre torna a vivere nella sua Puglia, e lei rimane in Sicilia con la mamma. 

«Ci è mancata proprio la terra da sotto i piedi. C’era mio zio che è riuscito a mantenere uno del negozi e per un po’ ci ha mantenuto lui. Mia mamma, nel frattempo, riuscì a trovare un lavoro. Diciamo che, se prima la domenica mattina mi svegliavo e trovavo 5.000 lire accanto al letto che mi lasciava mio nonno per fare quello che volevo, dopo non c’erano più soldi neanche per andare a mangiare un panino con gli amici».

La banca arriva e pignora tutti i loro beni.

«Mi ricordo mia madre che diceva di nascondere le cose negli armadi perché dovevano venire delle persone a verificare che cosa avevamo. Anche la casa: noi abbiamo avuto la fortuna di avere un avvocato che, siccome in casa viveva anche mia nonna, è riuscito a farcela mantenere. Dopodiché, quando abbiamo dovuto portare mia nonna in casa di cura, la casa è stata messa all’asta».

Quando la situazione sembra stabilizzarsi, Valentina decide di andare a studiare a Roma, dove a mantenerla è il padre, ma non riuscirà mai a terminare gli studi.

«In parte ho lasciato l’Università perché non sopportavo più di essere mantenuta da mio padre. In parte perché con tutti i traumi che mi portavo sulle spalle, studiare proprio non mi riusciva. Mi mettevo a leggere ma la mia testa iniziava a pensare a tutte le cose che erano successe».

Il sentimento di indipendenza

Così, a 22 anni inizia a cercare lavoro. Lo trova a Lecce e si trasferisce vicino al padre.

Mia nonna era quella che ha sempre spinto per essere indipendente. Lei mi diceva sempre: “Valentina, prenditi la patente perché tu devi essere in grado di andare dove vuoi. Ma devi farlo tu, non ti devi far portare da nessuno. Quindi, quando ho finalmente trovato casa e ho iniziato a guadagnare, ho capito cosa voleva dire essere indipendenti economicamente. È stato come se mi fossi tolta un peso dalle spalle di 1000 tonnellate.

I primi soldi che guadagna, Valentina li usa per riprendersi tutto ciò che gli ultimi anni le avevano portato via

«Mi era mancato talmente tanto potermi permettere le cose che mi piacevano che quando a fine mese avevo ancora qualcosa sul conto, non pensavo a metterli da parte, ma a che cosa mi sarei voluta comprare. Uscivo, feste, cene…».

Nel 2002, con l’avvento dell’euro e un cambio alla direzione della azienda per cui lavora, Valentina si ritrova con uno stipendio di 400€ al mese

«Non riuscivo più a fare un sacco di cose. Poi, l’azienda per cui lavoravo organizzava convention, cene di Natale, eventi… a cui però ti dovevi presentare in un certo modo. A Montecarlo, per esempio, volevano l’abito lungo. E son soldi che tu devi investire. Quindi, a un certo punto gli dissi: “Io non vengo. Perché non ho i soldi per essere all’altezza di tutte le altre mie colleghe che invece se lo possono permettere, perché guadagnano uno stipendio normale”. Da lì, decisi di andarmene. Ma non avevo un altro lavoro».

Da quel momento inizia a passare da un lavoro all’altro, ma la paga è sempre misera e le condizioni pessime. Fino a che, con il suo fidanzato, un ingegnere informatico, decidono di trasferirsi a Milano, dove viveva la sorella di lui.

«A Milano io ho trovato lavoro, tramite suo cognato, in un ospedale molto famoso dell’area milanese. L’esperienza non è stata proprio positiva, perché, anche lì, le condizioni non erano il massimo».

Dopo un anno Valentina lascia il lavoro e per la prima volta, decide di investire in qualcosa che davvero la appassiona: la grafica. Trova un master e nel frattempo, fa qualche lavoretto per riuscire a mantenersi.

«Io ho convinto mio padre a pagarmi il master e poi, un po’ il mio ragazzo e un po’ sempre mio papà, in quella fase mi hanno aiutata. Era una cosa che volevo fare da tanto tempo, quindi ci mettevo proprio il cuore. Passavo le giornate a scuola, dopodiché andavo a lavorare e poi tornavo a casa e la notte studiavo perché dovevo presentare i progetti. Da una parte mi sentivo in colpa, dall’altra era proprio il lavoro che avrei dovuto fare dall’inizio».

Il sentimento di dipendenza

Quando finalmente comincia a collaborare con l’agenzia di grafica di un suo professore, al suo compagno arriva una proposta di lavoro in Lussemburgo e Valentina decide di mollare tutto ciò che ha costruito e andare con lui.

«Prima di tutto mi sono dovuta mettere a studiare le lingue. Poi, ho provato a propormi come grafica, ma non mi prendeva nessuno perché come minimo devi sapere il tedesco qui, se non il lussemburghese, e volevano più anni di esperienza».

Valentina passa le giornate da sola, in una città che non è la sua dove parlano una lingua che non conosce. Non ha soldi perché non riesce a trovar lavoro e dipende totalmente dal suo compagno.

Io mi sono sentita morire in quel periodo. All’inizio non riuscivo a spendere una lira perché non erano soldi miei. Allora cosa facevo? Andavo al supermercato e mi compravo le zuppe già pronte nel brik. Ricordo, una volta, di aver comprato una bottiglia di olio di qualità scarsissima, di quelle che puoi usare per le macchine. Non sapevo nemmeno quanto ci potevamo permettere in quel periodo, quindi mangiavo quello che capitava. Mi pesava da morire essere mantenuta, è stato bruttissimo.

Ad un certo punto, il suo modo di gestire il denaro del compagno cambia totalmente e per trovare una valvola di sfogo alla solitudine, Valentina inizia a spendere.

«Mi sono trovata con questo bancomat in mano e, a un certo punto, ho iniziato a spendere. Però, mi è sfuggita di mano questa cosa: era come se avessi trovato il modo per compensare una mancanza di affetto. Non voglio dire che lui non fosse affettuoso, però mi mancava. Quindi, ogni fine settimana, io se potevo mi compravo qualcosina, e usavo la sua carta. Credo che la cosa poi si sia troppo deteriorata, e tra noi è finita dopo cinque anni che eravamo in Lussemburgo».

Il momento della stabilità

Quando la loro relazione finisce, Valentina trova un lavoro part-time dove guadagna 1400€, uno stipendio che, però, in Lussemburgo ti basta appena per pagare un affitto

«Io ne pagavo 750 di casa. Se adesso parli con qualcuno che il Lussemburgo lo conosce bene ti chiederebbe: “Ma come hai fatto a sopravvivere?”. Eppure, io cucinavo sempre a casa, e ogni tanto arrivavano i famosi pacchi da giù, che aiutano sempre. E poi, ogni volta che uscivamo in compagnia e c’era anche lui, non mi ha mai fatto pagare niente. Ho avuto la fortuna di non esser mai stata realmente sola».

Quando il suo contratto diventa a tempo indeterminato, Valentina ha 40 anni e può finalmente permettersi una casa tutta sua.

«Non mi era mai successo di avere uno spazio tutto mio e finalmente mi potevo permettere di avere un appartamento da sola. Vivere in Lussemburgo non è facile. Io conosco un sacco di gente che ancora vive in condivisone perché non si può permettere un appartamento da sola. Io ho avuto la possibilità di farlo con tanti sacrifici, però vivere da sola ha cambiato completamente il mio modo di vivere. Mi sono avvicinata al minimalismo, un po’ per necessità, un po’ per filosofia».

Non solo, Valentina inizia seguire una money coach su Youtube e, per la prima volta decide di investire.

«Ho comprato delle azioni di Google che mi hanno portato dei guadagni. Per me è stato un passo gigante, perché avevo molta paura a fare questa cosa».

Nell’ultimo anno Valentina è riuscita a risparmiare 20.000€, che le permettono di essere tranquilla e di avere un cuscinetto di emergenza. Le chiedo qual è stato il suo segreto.

«Fare un controllo giornaliero delle tue spese richiedere impegno, perché mettersi a scrivere tutti i giorni quanto hai speso, dove e come, è pesante. Ma io mi sono impegnata a farlo per un anno e ci sono riuscita».

Se mia madre ha bisogno io so che le posso mandare dei soldi, per esempio. Per me l’obiettivo non è mai stato comprare la casa, ma avere una base che mi permettesse di affrontare qualsiasi situazione nel momento in cui mi si presentava un problema.
 

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